- “Questo dovrebbe accendere l’aria condizionata” disse il prof.M, scagliandoci per errore nell’iperspazio a bordo di un furgone Volkswagen
Campiglia Marittima, Milano – 8/10 Maggio 2015
C’è gente a cui servono giorni e giorni di vacanza, e chilometri di distanza, per riuscire a portar via veramente la testa dalla scrivania dell’ufficio (IKEA Melltorp, da € 39.90?). A te invece basta vedere la barra del primo casello alzarsi per sentirti perfettamente a tuo agio nel mood “vacanze”. Va da sè poi che basta una telefonata sbagliata per spezzare l’idillio mentale, e farti sbattere il culo per terra. Splat. Ma questa è un’altra storia: e poi avevi una missione, altro che vacanza.
Fuggi da Milano verso le 4 del pomeriggio diretto a Piacenza, dove hai appuntamento col prof.M, proprietario del furgone che ospiterà te e i ragazzi quest’estate, ora parcheggiato in Toscana. Imbocchi l’autostrada mentre il cielo diventa di piombo, nell’abitacolo della tua Multipla dai fianchi generosi risuona questa. Ormani tuona e diluvia quando raggiungi il prof. M. al piano interrato di una assurda libreria nel centro della città, un labirinto sotterraneo di corridoi stretti tra scaffalature metalliche stracariche di libri, disposti secondo un’ordine imperscrutabile (manca solo il fantasma della vecchina). Riparandovi sotto un microscopico ombrellino su cui campeggia la scritta “CARS” e il disegno di una macchinina con gli occhioni al posto del parabrezza (non ti lamentare, piuttosto ringrazia tua figlia piccola) tornate alla tua auto: ovviamente il risultato, oltre all’aver offerto alla città uno spettacolo indecoroso, è che dovrete proseguire il viaggio completamente FRADICI.
Il Professor M.è un amico importante. Una di quelle persone che conosci da una vita, ma con il quale in tempi recenti hai stretto un’amicizia e un dialogo del tutto nuovi rispetto a prima. Il Professor M. è sposato e ha due figli, quest’estate porta la famiglia parecchio lontano e allora ha pensato di lasciarti il furgone: non te lo sei fatto dire due volte, ed eccoti qua.
Ora però è giunta l’ora che il Professor M. conosca una cosa di cui non vai affatto fiero, e che risale al suo matrimonio. Bene, a questo matrimonio tu non ti presentasti: probabilmente si pensò che, separato da poco dalla tua compagna, non te la sentissi di reincontrare le amicizie comuni tutte insieme. Ah sì sì, in fuga dagli affetti e dalle intimità degli amici storici, l’umiliazione del fallimento, bla bla bla. La vera verità è che TE NE SEI SCORDATO. Esattamente. Eri in ufficio quel giorno di Marzo, a fare diosacosa quando all’improvviso ti è venuto in mente, grosso coglione che sei, che quella mattina dovevi andare a un matrimonio. Ops. Le tue colleghe probabilmente ricordano ancora il monologo del Cioni che ne è seguito. Questo è il genere di personaggio sbadato che sei, che il Prof. ne tenga conto, con buona pace di Freud e dei suoi atti mancati.
C’è il sole il giorno dopo: il furgone riposa placido sull’erba ma una volta svegliato si scuote allegro e schiarisce la voce del motore. Il prof. è visibilmente sollevato, e passa a mostrarti orgoglioso tutte le “features” del bestione, che somiglia sempre di più a un transformer, tra sedili rotanti e letti scorrevoli. Cerchi di prendere appunti ma boh, sei troppo occupato a inviare foto del mezzo al figlio grande a Milano (il verdetto sibillino è “fichissimo”) e pensare a fare un bagno al mare. MARE, BAGNO, SUBITO. Sei una specie di cane di Pavlov dell’estate, cazzo, basta un po’di sole che cominci a sbavare.
E bagno sia. A Cala Violina ci sei già stato una volta, ricordi? Forse no, era una vita fa. Anzi due a pensarci bene. Mentre il prof. si addormenta sulla sabbia ti infili lentamente nell’acqua, non così fredda (però non sono passate tre ore da quando vi siete ingozzati di sopprassata e fo’accia, deh), bellissima. Ti senti contento, mentre ritornate attraverso la pineta al furgone. Ora e qui è già bello, ma lo è ancora di più guardando la prospettiva di fronte a te, che appare semplice, limpida. E invece, come si diceva all’inizio, arriva la telefonata sbagliata che ti riporta di botto col culo per terra, con in più la forza di gravità di Giove. Non è colpa della persona che ti ha chiamato, anzi, ma della cosa che suo malgrado ti deve comunicare. Tutto di nuovo torna ad essere complesso, delicatissimo, incerto, pericoloso: la libertà di movimento limitata, la prospettiva improvvisamente si stringe e diventa un corridoio male illuminato. Non sai se sia la cosa in sè (una grana verso la quale ti senti impotente), o la tua reazione (più che comprensibile, ti dici) a innervosirti di più.
Dopo cena scende il buio e mentre ne chiacchieri con il prof.M in giardino, cerchi di rilassarti con un pò di vino rosso e una di quelle cose che non si possono dire. Un grasso rospo attraversa il prato nell’oscurità e si arrampica su un muretto. Lo illumini con la torcia del cellulare, e lui si paralizza: sarà grande come la testa di un bimbo, il ventre si gonfia e si sgonfia. Probabilmente è terrorizzato, spegni il telefono e ti accontenti di guardarne l’ombra arrampicarsi tra i sassi. Fatichi ad addormentarti, sperando che qualche sogno ti porti un messaggio. Magari sotto forma di un rospone.
E invece la mattina dopo non ti ricordi un cazzo di quello che hai sognato, se non che c’era di mezzo il Papa. Il Papa!!! Ma come il Papa?? Come se non bastasse vederselo esposto dappertutto ormai, sulle copertine dei giornali, incollato sulla cassa in pasticceria, appeso nelle officine meccaniche ancorchè un pò distante dal tabernacolo delle Donne Nude. Che palle. Il Papa. Che cosa dovrà mai significare allora, una visita di Bergoglio in sogno? Una sbrodolata su pazienza e tolleranza? O quell’altra cosa che se qualcuno insulta tua madre gli puoi spaccare i denti senza che Iddio ti prenda a sberle?
Al ritorno guidi tu il furgone. E’ grosso, docile e un pò goffo, come un cagnone. I ragazzi ne saranno entusiasti, arrivato a Milano gli mostri le foto e gli racconti di quanto sarà bello andare in giro su quella casetta ambulante. Solo la bionda, figlia di mezzo, è taciturna.
Che c’è, piccola E.?
“Sono stanchissima papà. E’ venuta S. a dormire da me e ci siamo addormentate tardissimo“. E che cosa avete fatto? “Hai presente la mia amica A.? I suoi genitori ospitano una ragazza giapponese di nome Fujita, che cercava casa”. Mmh. E adunque, figliuola? Non vedo alcun nesso. “Praticamente è fujita di casa! Hai capito papà? “fujita” di casa! Siamo andate avanti a ridere tutta la notte.”
In conclusione, ora hai un furgone, una grana in più, e una figlia col senso dell’umorismo di Ezio Greggio.