Mi chiamo Giuliano.
Qualche anno fa ho fatto tre bellissimi figli con una donna assieme alla quale ho vissuto per tredici anni; poi noi due ci siamo separati, e ognuno ha proseguito la propria strada. Sono anche un architetto, in anni di crisi: questo vuol dire che corro in giro portandomi la partita iva come una scimmia sulla schiena. Quando mi sento stanco, penso a Etty Hillesum che diceva: “la vita è difficile, ma non è grave”. Ecco, io sono convinto che, quali che siano le condizioni al contorno, quando hai dei figli coltivare piccoli sogni non sia solo un diritto ma anche un dovere verso di loro: per trasmettergli il desiderio di esplorare il mondo e la vita tutta, prendendosi le proprie responsabilità e qualche rischio.
Quest’anno compirò quarant’anni: non mi volto spesso a guardare indietro, cerco piuttosto di fare attenzione a dove metto i piedi, perché nonostante tutto ho ancora la tendenza a camminare un po’ sollevato da terra.
Ma con tre figli, non mi posso permettere di inseguire le nuvole.
O forse sì.
E allora io li prendo i miei tre figli, e questa volta le nuvole le andiamo a inseguire insieme. Anzi il sole: quello che d’estate non tramonta mai. Da Milano alla Lapponia e ritorno, attraversando tutta l’Europa e fermandoci dovunque ci piaccia, noi quattro e il furgone (il mezzo che giustifica il fine). Rovaniemi in fondo non è altro che il nome di una località geografica: è tutto ciò che la separa da quella che chiamiamo casa che importa.