
A malincuore lasciate Copenaghen dopo cena, è bastato questo assaggino per fartene innamorare. Scende la notte quando arrivate a Rødby all’imbarco dei ferries per la Germania: una traversata di poco più di mezz’ora su una specie di supermercatone galleggiante, neanche vi accorgete che è in movimento. Gli unici viaggiatori a parte voi sono quattro camionisti tedeschi che passano la traversata imbambolati dal sonno seduti sui divanetti, mentre i tuoi corrono in giro per i tax free shop disabitati ululando come scimmie di fronte a ogni stand Haribo che incontrano. Quando sbarcate a notte fonda in Germania siete accolti da una nebbia spaventosa che viene dal mare: banchi densi come nuvole di cotone galeggiano nel buio totale riflettendo le luci delle pochissime auto che passano, un’atmosfera da brividi… A un certo punto sei costretto a fermarti in un’area sosta perchè è veramente difficile proseguire. Non si vede nulla intorno al furgone, metti i bambini a nanna e ti corichi pensando inevitabilmente al film di Carpenter.

La mattina vi mettete in viaggio presto, dovete fare un sacco di chilometri. Dopo le strade deserte della Svezia qua sembra un traffico caotico, anche se in realtà è assolutamente scorrevole. Attraversate la Germania ascoltando il radiodrammone a puntate tratto da “Iolanda, la figlia del Corsaro Nero”: Mitia è tutto felice, ha una passione assolutamente fuori moda per Salgari. Non si capisce un cazzo della trama, ma va benissimo: c’è questa tizia che ovviamente è bellissima e rapitissima dagli spagnoli, e tutti i filibustieri innamorati giù a inseguirli in lungo e in largo per i Caraibi, facendo un gran casino per liberarla. La bella figliola del Corsaro è “sonorizzata” dalla voce roca di Veronica Pivetti, che è un continuo sospiro d’amore pensando all’amato capitano Morgan, pure troppo: certe volte pare il radiosceneggiato di un film porno. Boh. Signora Pivetti, sappia che ha turbato le creature coi suoi sospiri.

E’ sera quando arrivate in quel di Rothenburg-ob-der-Tauer, dove hai deciso di fare tappa su consiglio di amici incontrati a Berlino: concedi un tributo all’immigrazione italica in Germania cucinando spaghetti all’amatriciana, che i ragazzi spazzolano avidamente. Prima di dormire intrattieni una chiaccherata molto cordiale ma assolutamente surreale con un vecchietto senza denti che si occupa della pulizia dei bagni pubblici: lui parla solo in tedesco e pretende pure di raccontarti un viaggio fatto in gioventù in Italia. Tu il tedesco senza denti non lo mastichi granché (rimshot!), capisci solo che si è divertito molto a Modena; poi è successo qualcosa ed è finito a pulire i cessi in Baviera. Tutto quello che c’è in mezzo è un mistero lost in translation, accidenti.
La mattina dopo andate a fare un giro sui camminamenti delle mura e poi nel centro storico, gioiello della Baviera. Fate colazione in un forno/caffetteria con ogni dolciume tedesco possibile, alloggiato in una delle tante casette di marzapane colorato, e poi gironzolate a lungo.

Scopri che Rothenburg è famosa nel mondo, oltre che per il popolare personaggio folkloristico conosciuto come “il mitomane senza denti dei cessi pubblici”, per i negozi storici di giocattoli in legno e addobbi natalizi artigianali: insomma è questa la vera città di Babbo Natale, non Rovaniemi! Dopo un’oretta a bighellonare da Käthe Wohlfahrt ti senti prossimo allo shock iperglicemico, con tutta questa zuccherosità natalizia assolutamente fuori stagione. Quest’anno va così ragazzi: visto che tra Rovaniemi a Ferragosto e Rothenburg avete già visto il Natale, a Natale a casa Pellizzari si festeggerà il Ferragosto. Pasta al forno, angurie, frigoborsa e zoccoli da infermiere anche con – 7°, è deciso. Siete tutti invitati.
Lasci Rothenburg un po’ dubbioso. E’ bellissima, certo, conservata alla perfezione e veramente pittoresca. Però. Però c’è qualcosa che non ti convince: sarà che manca la famosa “patina del tempo”, in questo tripudio di pulizia, ordine e decorazione bavarese. O forse sarà lo sguardo che le commese dei negozi lanciano di tanto in tanto ai turisti stranieri che rimpinguano le casse dei loro negozi. Quello sguardo al di sopra degli occhiali dalla montatura perfettamente lucida e brillante, quello sguardo che di solito si riserva agli insopportabili cagnetti di razza Yorkshire che abbaiano fastidiosamente. Non sapresti dire, però questa Germania da cartolina è lontana anni luce da quella che ti piace. La Baviera sarà bella, ma non fa per te: è un posto che piacerà tantissimo ai piccoli imprenditori brianzoli, probabilmente. Tu preferisci di gran lunga quella di Berlino e Amburgo, coi suoi casermoni severi, i caffè rumorosi, la metro un po’ sporca, la gente sgarruppata, entusiasta e aperta. Radical-chic? E va bene, evviva i radical-chic, allora. Evviva la Germania radical-chic.
Metti in moto il furgone, c’è l’ultimo pezzo da fare: attraversare l’Austria e le sue montagne, badando bene a esporre la vignetta dell’autostrada sul parabrezza. Qui non siamo in Svezia o Danimarca, qui c’è la polizia acquattata (ho pure cercato su google se si scriveva con la q o con la doppia c, che vergogna) sotto i cavalcavia dell’autostrada e controllare tutte le macchine che passano. Giuro: ho visto due poliziotti in piedi di fianco a un’auto con la scritta POLIZEI che muovevano la testa a scatti da sinistra a destra cercando di seguire con lo sguardo le macchine che sfrecciavano a 130 all’ora, una cosa veramente comica. Superate il Brennero, ed eccovi in Italia.
Esci dall’autostrada a Rovereto e scendi il Garda, fino a quel paesino sul lago con le montagne alle spalle. Qui si trova quella che i tuoi figli chiamano Casa, più di qualunque altro luogo abbiate abitato a Milano. D’altronde non è possibile governare la sensazione di casa, lo sai bene tu che sei architetto. Non basta studiare finiture, illuminazione, arredi e tessuti per mutare la percezione di casa: è un sentimento complesso, basato sull’istinto, e che sedimenta nel tempo. Fatto di calore, protezione, luce; di una cucina piena di cassetti e antine che celino tesori da mangiare e aggeggi incomprensibili; di librerie cariche e disordinate; di bagni che facciano rimbombare il suono dell’acqua bollente quando si riempie la vasca; e poi di manifesti di mostre mai viste e di quadri di paesaggi mai visitati eppure familiari; e ancora di armadi della camera dei genitori, colmi di vestiti strani che non vengono mai indossati; di libri incomprensibili lasciati sui comodini; di soffitte polverose dove si sente il rumore secco della pioggia sui coppi, e a volte si ritrovano magicamente giochi e fumetti che si credevano persi. E infine di odori, che l’olfatto è il più irrazionale dei sensi e quello che suggella i legami più profondi, con le case come in amore.

I tuoi genitori, risorsa e rifugio inestimabile per i tuoi ragazzi sempre, vi aspettano. Tu puoi riposarti un paio di giorni appena; Domenica sera saluti le creature, che si fermeranno qui ancora qualche giorno, e intraprendi da solo l’ultimo viaggio con il fido Volkswagen.
Mentre percorri l’A4 sotto il cielo nuvoloso, non ti domandare cosa rimarrà di questo viaggio negli occhi e nelle testone dei tuoi figli, non puoi saperlo, non ora per lo meno. Non ti chiedere neppure che cosa abbia lasciato a te, o se hai imparato qualche cosa. Non ha importanza. Smetti di cercare di dare un nome e un senso a ogni cosa che fai, o che succede. L’importante è averla vissuta, questa cosa: il significato verrà da sè, poi.
La foresta è dentro, ormai.